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de Filippis, il diritto e la sf

BrunoBruno de Filippis è un magistrato per professione ed uno scrittore per passione. Presidente della II sezione civile della Corte di Appello di Salerno, città dove è nato nel 1953, abita con la famiglia in una villa in campagna circondata da alberi. Ha cinque figli e un nipote. Sua moglie è dirigente scolastico. “Sul mio comodino – ci dice parlando di sé – ho sempre un libro. Leggo da quando avevo cinque anni e non ho mai smesso. Il mio libro preferito è “1984” di George Horwell. Amo i classici della letteratura. Da giovane ho praticato tanti sport, tra cui basket e volley. La mia grande passione è il bridge, del quale ho il patentino di istruttore”.

Il tuo ultimo libro è intitolato Toba, la prima sconfitta della morte (Lastaria Ed. 2021) ed è finalista al Premio Vegetti 2022. Si tratta di un nuovo romanzo di fantascienza che parte da un remoto passato per proiettarsi in un futuro nel quale si ha l’opportunità di una seconda vita per tutti. Quali motivazioni ti hanno portato a scrivere questa utopia?
Toba, la prima sconfitta della morte non è figlio unico. È la Toba. La prima sconfitta della morte continuazione di un progetto, iniziato con Cheronea (libro che ha ricevuto il Premio della critica nel concorso internazionale Switzerland Literary Prize 2021) e in esso agiscono gli stessi personaggi che troviamo in Cheronea e in Anchorage, il secondo della serie. Tutto è cominciato appunto con Cheronea, che non è frutto di una creazione studiata a tavolino, quanto di un’irruzione di questi personaggi nella mia testa. Sono venuti loro, non so da dove siano piovuti, anche se immagino che siano il frutto delle esperienze e dei sogni di tutta la mia vita.

Come sono nati e quali caratteristiche hanno i tuoi personaggi?
Cheronea Anchorage Pensa che, quando ho scritto Cheronea, nel 2017, giravo sempre con fogliettini di carta e penna (ancora, cocciutamente, non adoperavo il cellulare per questo) e, quando loro, i personaggi, dettavano uno sviluppo o una frase, sospendevo qualunque cosa stessi facendo per annotarli. Quando proprio non potevo, cercavo di tenere a mente tutto, per trascriverlo appena possibile, non volendo perdere, io stesso, nemmeno una virgola di questa meravigliosa avventura. Finire il libro è stata quasi una liberazione, perché ho potuto di nuovo, senza assilli, occuparmi dei fatti miei. I personaggi però sono tornati, ed è nato Anchorage, vivere per sempre nel quale hanno ripreso a bussare, anche se più educatamente. Volevano, essi per primi, vivere e mi inorgoglisce essere stato il tramite della loro vita. Infine (per ora) è arrivato Toba, nel quale io stesso, scrivendo, mi sono innamorato di Luna, una donna vissuta 75mila anni fa, all’epoca della catastrofica eruzione del super vulcano in Indonesia, che cancellò molte specie viventi e rischiò di interrompere la storia dell’umanità. Sopravvissero in tutto il mondo, secondo le stime, circa mille persone, che coraggiosamente ricominciarono a vivere. È grazie a loro che ora noi siamo qui. È grazie alla mia Luna.

Un tema che ricorre nelle tue storie è la battaglia contro la morte…
Avrai notato, dai titoli completi di Anchorage e Toba, la reiterazione del tema della battaglia contro la morte, l’ultimo nemico che, come narrano le scritture religiose, sarà infine sconfitto. Nei miei libri sono la scienza e il progresso scientifico e tecnologico a occupare spazi prima lasciati alle religioni e quindi spetta a essi “fare miracoli”. Non sono ossessionato dal tema della morte. Come diceva Epicuro, quando ci siamo noi non c’è lei e viceversa, ma avverto il suo peso e soprattutto la sua ingiustizia. Come diceva Sant’Agostino, homo circumferens mortalitatem suam, il che più o meno significa che l’uomo vive ogni giorno portando con sé il peso della propria caducità.

La giustizia è il tuo lavoro. Sei in magistratura dal 1978 e attualmente ricopri l’incarico di presidente della II sezione civile della Corte di Appello di Salerno. Sei anche autore di numerose opere giuridiche. Di quali maggiori problemi ti sei occupato?
Dopo il mio lavoro, che mi piace e mi gratifica, la mia occupazione principale è sempre stata la scrittura. Ho scritto moltissimo in materia giuridica, nella branca che prediligo, vale a dire il Diritto delle persone e della famiglia. Chi proprio non avesse niente da fare, può navigare con Google o altro motore di ricerca e troverà decine e decine di libri e trattati da me scritti o collane che ho diretto, che hanno avuto successo nel settore specifico, dove ho venduto in totale poco meno di centomila copie, anche se non ho mai fatto un conto esatto. Per comprendere Cheronea, Anchorage e Toba, si deve partire proprio dai libri giuridici.

Hai collaborato all’estensione di leggi?
Grazie ai libri giuridici e ai riconoscimenti che mi hanno dato, sono stato convocato più volte dalla Commissione Giustizia della Camera, per dare il mio parere per la formazione di nuove leggi. Ho scritto i testi della legge 54/2006, avente a oggetto l’affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio e gran parte di quello che ho scritto è stato recepito nella stesura definitiva della legge. Ho collaborato per altre riforme nella medesima materia. Il mio percorso è stato: prima studiare il Diritto di famiglia; dopo, poiché secondo me c’erano molte cose da svecchiare, collaborare all’attività di riforma; e infine, poiché le riforme attuabili ora andavano ancora strette al mio pensiero e alle mie speranze, scrivere libri che parlassero del futuro e che, nell’ambito di storie avvincenti e romanzate, narrassero come i nostri costumi e le nostre leggi potrebbero mutare tra un po’ di tempo.

In quale filone della science fiction si inseriscono i tuoi romanzi?
Si innestano nel filone fantasociale, vale a dire partono dalla realtà che conosciamo e ne immaginano proiezioni e sviluppi. Scriverli è molto divertente, certamente più di pesanti trattati giuridici (c’è bisogno anche di questi ultimi, la gente è più interessata a sapere come muoversi nel presente che non a ciò che potrebbe accadere nel futuro, anche se, come dico, se non cominciamo a immaginare un futuro migliore, non potremo mai realizzarlo)

Cosa significa per un magistrato scrivere fantascienza?
Certo, sono un magistrato, anche se ormai non lontano dalla pensione, ma credo che nessuno di noi si identifichi riduttivamente con il suo ruolo. Siamo tutti molto di più, siamo persone, uniche e complessivamente identificabili, ma con mille sfaccettature. Più che un magistrato che scrive libri fantasociali, preferisco essere indicato come “Bruno”, che di volta in volta lavora, giudica, scrive, viaggia o fa il nonno.

In genere nei tuoi testi immagini un mondo migliore ma la realtà è ben diversa come purtroppo ci dimostra l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia che Papa Francesco ha definito “una guerra ripugnante”. La storia e i drammi si ripetono ciclicamente. L’uomo imparerà mai a convivere con la pace?
I miei libri sono più vicini all’utopia che alla distopia, ma i problemi e i mali non mancano mai nelle vicende che descrivo. La vita è sempre una lotta e l’evoluzione deve fare i conti con la forza del nulla, che io chiamo entropia e che cerca di cancellare e azzerare tutti gli sforzi dell’uomo. Forse, ma qui spero di non spingermi troppo avanti rispetto a ciò che l’immaginazione del lettore desidera, l’aggressività dell’uomo, che porta anche alla guerra e che era indispensabile quando avevamo ogni giorno a che fare con le tigri dai denti a sciabola, potrà essere vinta, più di quanto educazione, filosofia e religioni abbiano potuto finora fare, quando, grazie alla genetica, sapremo togliere dal nostro Dna quel piccolo frammento che la genera.

Soluzione ampiamente auspicabile visti gli orrori cui oramai quotidianamente assistiamo. Grazie “Bruno”!

Filippo Radogna

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