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La sinagoga degli iconoclasti (Régis Jauffret)

Continuiamo a proporre recensioni di opere al margine del fantastico scritte da un nostro socio che vuole sempre mantenere l’anonimato. Buona lettura.

Donato Altomare

Jauffret, Régis – Microfictions. Vol. 2 (Edizioni Clichy, 2021-05)
 Secondo, densissimo, sterminato volume delle Microfictions di Régis Jauffret. Si tratta di altri cinquecento racconti di meno di tremila battute l’uno (il primo volume ne conteneva altri cinquecento).
 Un diluvio di storie che ci presenta una umanità bizzarra, deviata, spersa, estrema, talvolta intollerabile. Jauffret è stato definito «sacerdote del male dell’uomo»; si tratta di sicuro di una delle penne più originali e imprescindibili della narrativa europea.
 La lettura dei suoi microracconti dimostra che le distopie più cattive si sono già avverate.
 Un esempio dei cinquecento racconti:
 Abbiamo filmato quelle scene di tortura e di assassinio per denunciarne il carattere intollerabile e la barbarie. Non potete rimproverare a un canale d’informazione di mostrare la realtà. Anche se è ovvio che biasimiamo la loro condotta, dobbiamo comunque ringraziare questi torturatori per averci permesso di apprezzare correttamente il valore del benessere e della vita. È anche vero che ci siamo avvicinati a loro un po’ per volta.
 «Sono diventati per così dire rapporti di lavoro».
 E alla fine abbiamo annodato con alcuni di loro dei legami di amicizia. Ci hanno aiutato nel nostro svolgere, evitando per esempio di far esplodere gli ostaggi, cosa che dal punto di vista dell’immagine si sarebbe tradotto in un denso fumo monocromo poco propizio all’innalzamento dell’indice di ascolto.
 «L’esecuzione dei bambini impietosiva le classi superiori quanto i peggiori diseredati».
 Raggiungevamo diversi milioni di spettatori in piena notte. Ma quelle pratiche erano sgradite agli inserzionisti, che temevano soprattutto un danno di immagine per il marchio dei loro prodotti per bebè.
 «Quindi abbiamo chiesto loro di risparmiarli».
 Molti ragazzi ci devono la vita, anche se restano tuttora prigionieri in grotte e cave abbandonate, di cui per motivi deontologici rifiuteremo sempre di rivelare l’ubicazione alle forze di polizia.
 «Ci viene rimproverato di aver filmato con particolare indulgenza la tortura delle donne».
 Vi ricordo che numerosi membri della nostra équipe erano di genere femminile, e che la nostra direttrice di redazione è venuta sul posto per rendersi conto de visu e come del nostro lavoro. Ha potuto constatare che anche se non veniva loro imposto un trattamento più duro, le donne avevano tuttavia un grido acuto, penetrante, e piangevano alla prima scarica elettrica.
 «Le abbiamo filmate con rispetto e simpatia».
 Proteggendo perfino il loro pudore abbiamo chiesto che ricevuto una protezione davanti al loro seno in modo che i telespettatori poiché non vedere niente dei loro capezzoli devastati.
 «Ma certo non si può pretendere che torturate sotto anestesia».
 Insomma, siamo fieri di questa serie di reportage che hanno fatto onore alla nostra professione. Se fosse ancora in questo mondo, Albert Londres sarebbe stato dalla nostra parte. Partecipando a questa grande avventura giornalistica.
 «Ci aveva fatto da garante morale».

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