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5 ragioni per amare… il fantastico italiano

Amare il fantastico non è un obbligo ma una scelta personale benché istintiva e solo apparentemente in piena indipendenza e razionalità, insomma una sorta di affinità elettiva. Se si è disposti a seguirla le vie per farlo sono infinite poiché anche situazioni apparentemente banali possono esser fatte proprie con intensità che va da tiepida accoglienza a necessità sine qua non. Per esempio, quando mi trovo in montagna, osservo certe nuvole bianche e dense che sembrano fatte di una misteriosa materia solidissima e mosse da un’energia altrettanto misteriosa, e nella loro continua trasformazione individuo legioni di realtà stravolte in una sorta di seduta psicanalitica davanti a gigantesche macchie volanti di Rorschach. Ecco, questa possibilità di guardare alle cose del mondo anche in chiave non realistica è la ragione prima che fa amare il fantastico fino a renderlo necessario, però si deve aiutare la molla che spinge a individuarlo altrimenti la cosa rimane una semplice dichiarazione d’intenti.

Un’altra ragione per amare il fantastico può essere la volontà di contribuire a raddrizzare la tendenza culturale del nostro Paese. Dalla storia della letteratura apprendiamo, per quanto riguarda la modernità, che il fantastico si tende a farlo partire, un po’ forzatamente, dal capitolo “maledetto” della Scapigliatura con Tarchetti per poi proseguire con Savinio, Pirandello e pochi altri, e comunque si tratta quasi sempre di opere isolate. Più avanti, i nomi che rappresentano “ufficialmente” il fantastico, oltre al fenomeno altrettanto stiracchiato del Futurismo, si allargano ben poco oltre Buzzati e Calvino. In altre occasioni ho avuto modo di sottolineare come la nostra letteratura sia passata attraverso vari periodi, dal Romanticismo al Realismo, dal Crepuscolarismo all’Ermetismo, al Simbolismo eccetera ma non c’è stata la stessa “ufficialità” per un -ismo che abbia dato corpo e sostanza a un movimento letterario del fantastico, compreso quel fantastico a base scientifica che potrebbe rappresentare benissimo il momento storico in cui il mondo sta vivendo con la globalizzazione e che si scontra con le radici culturali di ogni popolo. Ritengo che oggi un fantastico di questo tipo potrebbe essere molto più rappresentativo e valido, tanto per fare un esempio, di un Belmoro di Corrado Alvaro. Quindi coraggio, cerchiamo di dare spessore a questa corrente letteraria, il materiale su cui speculare c’è.

Questa seconda ragione per dare sfogo alla “necessità” di fantastico che può trovarsi in noi, si collega a quella derivata dalla legge italiana del Tafazzi: esaltare tutto ciò che viene da oltre confine e rifiutare validità nostrali. E allora, chi possiede le chiavi giuste per aprire varchi in dimensioni che a molti sono invisibili o invalicabili, perché non dovrebbe usarle per contribuire a cancellare il tafazzismo magari con un fantastico collegato alla scienza applicata che, continuamente in progress, apre scenari di meraviglie e turbamenti di enorme spessore? Vediamo che, per rimanere all’oggi, nel giro di qualche mese c’è stata la tanto attesa scoperta del bosone di Higgs, poi la registrazione delle onde gravitazionali prodotte dal Big Bang a conferma sia della teoria cosmologica dell’inflazione che della connessione tra meccanica quantistica e gravità prevista da Einstein con la sua teoria della Relatività Generale, quindi la scoperta di Kepler-186f, pianeta simile alla Terra nella costellazione del Cigno. Questi accadimenti sono adesso ulteriori piattaforme concrete seppur sconcertanti che permettono alla fantasia di partire. Ciò malgrado vediamo che la sordità ufficiale è inguaribile. Constatavo in un libro sulla letteratura moderna edito da Mondadori/Electa che su 159 nomi di scrittori dal Crepuscolarismo alla contemporaneità non c’è un solo autore di fantascienza, e vengono elencati 13 movimenti letterari ma il fantastico non viene menzionato. Ecco quindi un’ulteriore ragione per non diminuire gli sforzi di coloro che sentono la “necessità” di esternare il fantastico che è in loro, sperando (ma non è un obbligo) che l’attenzione dei nostri ineffabili critici “ufficiali” verso la cultura fantastica nazionale si svegli dal letargo.

Un suggerimento che potrebbe essere una quarta ragione per servirsi degli strumenti del fantastico è usare sì la politica ma tenersi al largo dal pamphlet. Per dire certe cose il fantastico è stato sempre un medium straordinario (basta vedere la società orwelliana di 1984). Quindi, se si sente la “necessità” di entrare in certi campi minati, meglio lasciare al lettore di lavorare col bilancino, se proprio lo vuole, per incasellare interpretazioni politiche a piacere. In Italia, oltre all’esterofilia, c’è la tendenza a dare colore politico anche agli starnuti (ricordate il tormentone se la Nutella è di destra o di sinistra?). D’accordo, è passato il tempo quando un lettore di Tolkien veniva considerato fascista, però…

Un’ultima ma non ultima ragione la vedo nel pescare nell’enorme patrimonio di usi, costumi, storie, miti e leggende che il nostro Paese possiede. Permettetemi una piccola parentesi personale: io sono nato a Venezia la cui nascita storico-leggendaria risale all’anno del Signore 421. La fràglia dei pestrinieri al tempo della Serenissima Repubblica era formata da coloro che vendevano latte e prodotti caseari e ancora oggi ci sono cinque calli, un campiello, una corte e un ramo detti “del pestrin”. Perché dico questo? Perché l’Italia è piena di luoghi al confine tra storia e leggenda, realtà urbane al di fuori degli attuali schemi urbani, e sappiamo come una politica assurda li stia distruggendo. Ecco, prima che le meraviglie del nostro Paese vengano omologate del tutto da una filosofia di vita che non appartiene al nostro DNA, quella famosa “necessità” potrebbe avere un vasto campo d’azione sapendola indirizzare bene nell’ossimoro delle realtà fantastiche.

Renato Pestriniero

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