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Visita a Renato Pestriniero

     Una domenica di gennaio 2019, il 27, a Venezia. Fredda, maEsterno casa Pestriniero non troppo. Scendiamo alla stazione di Santa Lucia con tre obiettivi per la mattinata: la consegna del premio Cinquanta e oltre a Renato Pestriniero, quindi un’intervista al decano della fantascienza italiana, e ultima nell’elenco, ma prima nei nostri pensieri, una bella chiacchierata.
     Dopo un paio di ponti, qualche sottoportico e non troppi metri ci si presenta di fronte una casa con un numero di tre cifre, una porta verde e due finestre con imposte dello stesso colore. Non abbiamo bisogno di annunciarci, Renato ci aspettava e ci ha già visti.
     L’ingresso, i convenevoli d’uso e quindi un graditissimo caffè caldo con tanto di biscotti ad accompagnarlo offertoci da Claudia, la gentile moglie di Renato. Si intende, il caffè è accompagnato anche da un po’ di chiacchiere amichevoli.
     Passiamo alla parte ufficiale: la consegna del premio alla carriera della World SF Italia Cinquanta e oltre. Qualche foto, e la stella scelta da Marina viene collocata in bella evidenza insieme a tanti altri riconoscimenti.
Consegna stellaConsegna pergamenaStella al suo posto
     Quindi l’intervista. Per la World SF Italia ne aveva già preparata una l’ottimo Filippo Radogna (la trovate cliccando qui). Seria, letteraria, filosofica. Per evitare duplicati, decidiamo di dare alla nostra un taglio diverso.
     «Renato, il premio che ti abbiamo consegnato si chiama Cinquanta e oltre. Volevo capire: quanto oltre?» osa Marina.
     «Ero militare…»
     «Non ti conoscevo ancora,» interviene Claudia.
     «Sì… è stato lì che ho cominciato a pensare alla science fiction. La data…»
     «Il primo che hai pubblicato è stato quello su Oltre il Cielo?» lo interrompe Luigi. Insomma, oltre è sessant’anni di carriera.
     «Sì, ho cominciato su Oltre il Cielo.» Renato si dirige verso la libreria, e tra le centinaia di volumi estrae un raccoglitore dalla copertina scura.
     «Tutti i tuoi lavori?» chiede sempre Luigi, sorpreso da un ordine a lui ignoto.
     Il tomo parla per Renato. Opera omnia, dichiara all’inizio della prima pagina.
     «Ecco il primo… Turno di guardia, 1958. Fu il primo che scrissi ma non il primo pubblicato. Fu incluso in Le ombre di Marte, pubblicato su Oltre il Cielo nel 1959, e fu la base per Dietro le quinte. E dopo scrissi I silenziosi, il primo pubblicato. Sul numero I silenziosi con dedica Pestriniero21 di Oltre il Cielo: sì, il 1958 è stato l’inizio…»
I silenziosi, quello su cui mi hai scritto una dedica tanti anni fa, prima ancora che facessi l’editore… pensa Luigi.
Invece chiede: «Hai tratto ispirazione da quando eri a militare per Turno di guardia? C’entra qualcosa con le guardie che facevi, o è un caso?»
     «Sì, c’è qualcosa in Turno di guardia…»
     «Ma ti sei tenuto tutto catalogato!» ribadisce Marina ancor più meravigliata di Luigi.
     «Anche quelli pubblicati all’estero,» osserva quest’ultimo.
     Poi Marina se ne esce con la domanda da un milione di dollari: «Renato, qual è il tuo romanzo più bello?»
     «Non posso dirlo…»
     «Sono tutti figli tuoi!»
     Interviene Luigi: «Quindi non ce n’è uno che ti ha dato più soddisfazione di altri? Come romanzo, o come racconto? O magari un libro di fotografie?»      Perché dovete sapere che il poliedrico Renato Pestriniero è anche autore di libri fotografici dedicati alla sua Venezia.
     Renato ci riflette sopra, e Luigi insiste.
     «Se tu dovessi salvare uno dei tuoi libri, e gli altri nel Canal Grande…»
     «C’è l’acqua alta, devi scappare,» rincara la dose Marina.
     «Devo scappare, e faccio in tempo a prenderne uno solo,» incalza implacabile Luigi.
     «Guarda… potrei dire questo.» Renato si avvicina alla libreria e afferra un volume da un ripiano: Zenobia città aperta. Ma si vede che sono tutti figli suoi: «E poi questo.» Itinerario alla ricerca della verità.
     «Quindi questi due, se tu proprio dovessi essere costretto. Mentre il più conosciuto forse è Una notte di 21 ore…»
     «Il più conosciuto,» conferma Renato, «però attraverso il film.» Terrore nello spazio, di Mario Bava, per chi non lo ricorda. «Anche se io lo avevo fatto in maniera diversa…»
     Siamo in un ambiente le cui pareti sono Quadro grigio_ritagliato.jpg colme, oltre che di libri, anche di quadri, così la domanda ci sorge spontanea.
     «Tu, oltre che scrittore, sei anche pittore.»
     «Sì.»
     «Quelli son tuoi?» Indicando i quadri sopra la mensola su cui ormai fa bella mostra di sé la stella del premio Cinquanta e oltre.
     «Sì, tutti.»
     «Anche di là?»
Quadro con artello_ritagliato.jpgLuigi si dirige insieme a Renato verso il salotto in cui prima aveva sorseggiato il caffè, mentre Marina continua a chiacchierare con Claudia nello studio. Una parete colma di quadri, una con un’altra libreria e altri quadri, la terza con una libreria… e sull’ultima, accanto alla porta che stiamo attraversando, ancora quadri e libri.
«Da qui in su. Quelli sotto no.»
Dipinti a tema fantascientifico, e no. Ce ne facciamo “raccontare” qualcuno, ma lasciamo che siano loro a parlare.
     Luigi rientra nello studio, e mentre scatta le foto di altri quadri appoggia la videocamera, abbandonandola a riprendere la mensola con i volumi a fumetti di Jeff Hawke. Quindi torna alla videocamera e, ripensando alla chiacchierata informale di poco prima:
     «Dicevi che tra le altre cose sei un appassionato di gatti?»
     «Di gatti, sì.»
     «Come me! Come me!» si entusiasma Marina.
     «I gatti mi hanno sempre sorpreso, perché hanno una caratteristica: assomigliano all’uomo. Perché si scelgono lo spazio, la compagnia… e poi si difendono con una zampata quando c’è qualcosa che non è di loro gradimento. Ecco… allora li considero un po’ come l’uomo.»
     «Ne hai avuti parecchi in passato?»
     «Sì… e poi ho avuto un cane. Ma i cani hanno un carattere troppo remissivo. Ogni giorno andavo fuori, e lo accompagnavo in giro per il lido… fino a che poi se n’è andato anche lui.» Con un po’ di tristezza.
     «La pensate uguale. Io invece preferisco i cani,» fa Luigi, rinfocolando l’annosa diatriba tra le due tifoserie.
     Dopo un intermezzo a base di altre ciacole su pregi e difetti degli amici a quattro zampe, torniamo al Pestriniero scrittore.
     «Tu hai anche pubblicato all’estero.» Un’affermazione, non una domanda.
     «Sì. Francia, Stati Uniti, paesi dell’Est…»
     «Pensa che c’è chi mi ha scritto dalla Francia per chiedere tuoi libri in italiano… hai dei fan anche là.» La voce del vecchio editore che è in Luigi si fa sentire, e Renato sorride.
     Non vogliamo che l’intervista vada troppo per le lunghe, dopotutto mezzogiorno è passato da un pezzo, ed eccoci così all’ultima domanda.
     «C’è qualcosa che vuoi dire in particolare, qualcosa che vuoi aggiungere?»
     Ci pensa un attimo soltanto. «Mah… una cosa particolare è questa: io non considero la fantascienza come veniva perlopiù considerata un tempo…»
     Claudia gli dà man forte. «L’hanno rivalutata, non è più con i mostricini verdi di una volta. Adesso è più dal lato sociale, psicologico…»
     «La fantascienza è dell’uomo,» riprende Renato. «È l’uomo che deve “creare la fantascienza”, non ricevere chissà quali doni dallo spazio. Alieni che ci vengono a trovare dai remoti angoli dell’universo, noi che li combattiamo… la fantascienza non è questo. Una ricerca interiore dell’uomo, ma anche un’anticipazione del futuro.»
     «Per esempio, la spazzatura spaziale…» interviene Claudia. «Renato aveva già scritto come andarla a recuperare, chi mandare… Perciò è sempre un anticipare i tempi.»
     «Biosensori, nanotecnologie, o anche solo gli apparecchi che stai portando tu adesso. Creati dall’uomo, per l’uomo. Questa è fantascienza,» conclude Renato.
     Su questa frase, vi salutiamo. Come pochi minuti dopo abbiamo salutato lui, rituffandoci tra le spire della folla e di una fredda giornata veneziana.

Arese, 31 gennaio 2019

© 2019 Marina Perrotta e Luigi Petruzzelli

Foto di Marina Perrotta e Luigi Petruzzelli – Tutti i diritti riservati

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