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Tullio Bologna, la passione per la politica e la cultura

Tullio1rClasse 1946, Tullio Bologna è nato a Vigevano in provincia di Pavia, studi classici, passione sin da giovane per la politica (quando era soprattutto ideali) e la letteratura. Dopo la laurea in scienze biologiche comincia a insegnare matematica e scienze nelle scuole medie. Il lavoro di docente, che ha sempre esercitato con impegno, lo ha accompagnato sino al pensionamento ed è andato sempre di pari passo con l’attività politica, svolta con altrettanto impegno nell’ambito dello schieramento di Centrodestra. Ha rivestito per ben 10 anni il ruolo di consigliere provinciale con l’incarico di presidente della Commissione Cultura e Sport e quello di assessore alla Cultura di Vigevano. Tullio vive nella sua bella città con la moglie e, considerandosi un fervente “gattolico”, anche con due gatte. Ascolta la musica lirica e sinfonica, ma anche tanta musica leggera: da Guccini a De André, da Branduardi a Venditti ai Nomadi.
Cinefilo, nel calcio tifa per la Vecchia signora e ha trasmesso il ‘virus’ juventino alle sue due figlie. Legge tanto horror (Lovecraft, Barker, King…), fantascienza (Bradbury, Simak, Silverberg, Le Guin…), fantasy (Tolkien, Eddings, Williams…). Quanto agli scrittori italiani ci dice che predilige “lo stile di Adalberto Cersosimo, la straordinaria inventività di Donato Altomare e Pierfrancesco Prosperi, il potere coinvolgente di Pier Luigi Berbotto, lo humour di Giuseppe Pederiali” e spazia anche nel mainstream attraverso “la cultura sofisticata di Roberto Pazzi e la magnifica leggerezza di Andrea Vitali”. Da circa quarant’anni pubblica racconti, articoli, saggi e… romanzi, e proprio da questi ultimi iniziamo la nostra conversazione.

Ciao Tullio e benvenuto nel sito della World Science Fiction Italia. Nel romanzo “Il volo dell’aquila”, pubblicato nel 2014, parli di un mondo Tullio2r
alternativo in cui il sacro ha un ruolo importante, unito alle scienze occulte e al sovrannaturale. Ha una metafora? Se sì quale?

Si tratta di un romanzo del tutto ucronico dove il cristianesimo non è diventata la religione dell’Impero, nel frattempo dissoltosi, ma solo una delle tante premesse. L’Italia è spaccata in tanti staterelli e c’è chi tenta di unificarli, con l’aiuto non solo delle armi ma dei poteri di certi personaggi. Siamo dunque nel classico steccato del fantasy, dove la religiosità non può mancare e dove il sovrannaturale è di casa.

E quanto è importante la religiosità e la spiritualità per te e più in generale nell’uomo?
Nonostante i tanti dubbi nella vita di tutti i giorni, non potrei mai pensare che tutto avvenga per caso o per delle formule chimiche o fisiche: la spiritualità è troppo importante per la società in cui viviamo ma noto con dolore che la stessa Chiesa si sta lasciando sempre più coinvolgere nelle spire di questo brutto mondo per avere la forza morale di difendere il proprio millenario magistero.

Tullio3rQuali sono state, invece, le tematiche sviluppate nel precedente romanzo “La Dea del Lago”?
Questo romanzo scritto assieme a Michele Martino – il fondatore di “Dimensione Cosmica”, tanto per intenderci, e del Premio Tolkien – presenta un tessuto essenzialmente storico con una piega riservata ad una vicenda fantastica che coinvolge anche l’imperatore Federico II. Anche qui troviamo scienze occulte, soprannaturale, fantasia eroica e poteri che s’incarnano in un essere seducente, ma non parlerei di ucronia perché la storia è quella che abbiamo conosciuto sui libri di testo.

Hai studiato e scritto di Tolkien. Qual è il tuo pensiero attorno alla sua opera?
L’incontro con lui è stata una delle due tappe fondamentali della mia vita da appassionato della letteratura fantastica (l’altra è con H.P. Lovecraft, soprattutto per il suo “Miraggio dello sconosciuto Kadath”). Ho trovato in Tolkien tutto ciò che un lettore deve chiedere per sentirsi appagato: un Mondo Secondario delineato persino nei dettagli, a partire dalla sua cosmogenesi per arrivare ai meravigliosi nomi elfici di matrice finnica; uno scenario geografico sterminato (solo lo straordinario Ciclo delle Spade di Tad Williams e “Il trono di spade” di George Martin ne reggono il confronto); il chiaro contrasto tra Bene e Male; un pizzico di magia su persone e cose; la struggente sensazione che, con la partenza degli Elfi, la Terra di Mezzo sarà un po’ più buia.

E sulla trasposizione cinematografica del “Signore degli Anelli” qual è il tuo giudizio?
Peter Jackson ha fatto una trasposizione miracolosa che, oltre a portare un maggior tocco di femminilità rispetto alle pagine tolkieniane (mi riferisco alla incantevole Liv Tyler che interpreta Arwen e che nel film ha molto più spazio, più che alla sfolgorante Cate Blanchett – Galadriel – ed alla avvenente Miranda Otto – Eowyn – che un loro spessore l’hanno già nella trilogia), ha allestito una delle più emozionanti scene che io ricordi in tutta la cinematografia: la carica di re Theoden e dei suoi Rohirrim per liberare Minas Tirith.

E’ risaputo che a Tolkien fu negato il Nobel per la Letteratura perché fu sottovalutata la sua opera in quanto appartenente al genere fantastico. Quest’anno invece il Premio è stato assegnato al giapponese Kazuo Ishiguro autore anche di fantascienza, il cui ultimo romanzo dal titolo “Il gigante sepolto” si sviluppa in una dimensione fantastica, qualche anno dopo la scomparsa della figura leggendaria di Re Artù in Gran Bretagna. Sono cambiati i tempi?
L’attribuzione dei Nobel per la letteratura mi lascia del tutto indifferente visti i criteri secondo i quali vengono scelti i vincitori, criteri che, ad essere buoni, possiamo definire geopolitici oppure balzani se vogliamo dire pane al pane. Non si spiega infatti come mai Jorge Luis Borges o Philip Roth non siano mai stati premiati dall’Accademia svedese mentre Dario Fo e Bob Dylan sì. Insomma, prima di dire che con Ishiguro sono cambiati i tempi, aspetterei di conoscere i premiati dei prossimi dieci anni!

Ti sei anche occupato di storia alternativa riferita al ventennio fascista. Come hai trattato l’argomento e, senza entrare nelle controversie che si spesso si accendono in particolare in questo periodo attorno all’argomento fascismo – antifascismo, quale ruolo ritieni possa avere la letteratura fantascientifica nell’affrontare tale tema?
Una delle mie passioni è la storia ed un’altra è la letteratura fantastica: unendo le due cose si ottiene la storia alternativa che, secondo me, potrebbe offrire ad un autore orizzonti illimitati. Harris, Dick e Spinrad hanno scritto ottime cose parlando di mondi in cui la Germania nazista (assieme al Giappone, nel secondo caso) domina il pianeta. Io, da buon italiano, sto dentro il recinto di casa, ma non sono il solo. Ricordo la splendida antologia “Se l’Italia” curata da Gianfranco de Turris ed edita dalla Vallecchi nel 2005: 19 racconti che spaziano temporalmente dalla fondazione di Roma ad opera di Remo alla realizzazione dell’Unione Europea nel 1986. Uno di questi è il mio e, come in altre sei occasioni, è ambientato in un mondo dove il fascismo non è caduto nel 1945. Immagino che conterà il mio non essere antifascista ma ritengo che, qualunque sia il proprio credo politico, il ventennio offra materiale (umano, culturale, esoterico e militare) per lavori stuzzicanti e non necessariamente elogiativi (vedi il recente “Nero italiano” di Giampietro Stocco che è l’antitesi della trionfale trilogia “Occidente” di Mario Farneti). Certo, se uno è convinto che il fascismo sia il Male Assoluto e che, perciò, sia disonorevole immergersi in un simile letamaio, troverà altri scenari per ambientare le proprie opere e ci vorremo bene lo stesso! Insomma: tra le tante possibilità perché non ambientare un racconto o un romanzo fantastico nel ventennio?

In proposito recentemente per i tipi della Bietti è stata pubblicata l’antologia “Fantafascismi” nella quale sei presente anche tu.
Sì, io e altri 19 colleghi immaginiamo che strada avrebbe potuto prendere il fascismo se fosse (o non fosse) avvenuto un determinato episodio: una serie di “sliding doors” che unisce alla necessaria preparazione storica una buona dose d’inventiva.

In conclusione quale ruolo ritieni abbia la narrativa fantastica nell’ambito della cultura italiana? E gli autori del fantastico sono adeguatamente valorizzati, anche nei programmi scolastici? Cosa si dovrebbe fare, a tuo parere, per divulgare meglio il genere?
La narrativa fantastica in Italia secondo me ha ancora un ruolo Tullio4r
subordinato rispetto alla letteratura mainstream nonostante un successo mondiale qual è stato “Pinocchio” (ed ancor prima “La Divina Commedia” e l’Orlando ariosteo…). Il motivo non è tanto nel fatto che c’è troppo sole da noi per pensare a racconti di spettri, quanto – e qui divento polemico – nel ruolo che una precisa parte politica dal secondo dopoguerra in poi ha avuto ed ha tuttora nel definire quale bagaglio culturale debbano avere i nostri studenti ed i lettori in genere (spero che qualcuno non più giovane si ricordi della sufficienza e delle traversie che accompagnarono l’uscita del “Signore degli Anelli” per la Rusconi). Quando l’ossessione è battere sempre sul “sociale” e sul “multiculturale”, sul “realismo” e sul “resistenziale”, non si può pretendere che i vari Buzzati ed i vari Calvino possano creare una “scuola italiana” per il fantastico. Horror, fantasy e fantascienza continueranno ad essere letteratura di serie B, roba di “nicchia”, fino a quando tante cose non cambieranno radicalmente nella stanza dei bottoni, ma su questo evento auspicato permettetemi d’essere pessimista. Chi è riuscito (anche perché gli è stato concesso) a mettere così salde radici nella scuola, nella magistratura e nella cultura ben difficilmente mollerà la presa.

Sui futuri programmi Tullio ci rivela che ha raccolto editi e inediti sulla figura di un singolare ex-frate investigatore del soprannaturale che attualmente sono al vaglio del suo “nume tutelare” Gianfranco de Turris. Infine, giace in stand by in un cassetto un altro romanzo storico-fantastico scritto assieme a Michele Martino per il quale, però, ha quasi perso le speranze. A questo punto, conoscendo il valore di Tullio e di Michele Martino, non possiamo che suggerire loro di riprendere il manoscritto, certi che darebbero vita a un’altra interessante e godibile opera!

Filippo Radogna

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